Produzioni

Il Centro produce spettacoli dal 1998 che sostengono in particolare la drammaturgia contemporanea e promuovono le nuove generazioni.
Tra le tante produzioni citiamo qui alcune di quelle più recenti.

MELOS

KOUROS DI SICILIA

di e con Gaspare Balsamo
animazioni e figure Alfredo Guglielmino
comunicazione, assistenza artistica e collaborazione scenica Paolo Consoli
light designer e direzione tecnica Stefano Barbagallo
produzione Centro Culturale mobilità delle arti

III sec. A.C. Siracusa. Melos, giovane pastore siciliano, una volta fallito il tentativo di uccidere il Re Nisus, viene catturato. Melos chiede di posticipare di alcuni giorni l’esecuzione della condanna a morte per partecipare al matrimonio della sorella. Il re acconsente ma ad una condizione: se entro tre giorni Melos non avrà fatto ritorno, egli ucciderà il suo migliore amico Nunzius.

Melos – Kouros di Sicilia è uno spettacolo di teatro contemporaneo che si avvale di codici e linguaggi tipici della matrice culturale e teatrale siciliana e mediterranea. Le tecniche del cunto e della narrazione epica mischiate a quelle della manovra a vista di figure, animazioni e live painting, evocano all’interno della drammaturgia scenica tutta la dimensione mitica, fantastica e poetica dello spettacolo. Lo sfondo classico e l’ambientazione al tempo della Sicilia greca, in cui agiscono il protagonista Melos, l’antagonista Re Nisus e il filosofo Platone, ci conducono dentro una dimensione spettacolare in cui si riflette sull’arroganza del potere tirannico, sulla ribellione popolare, sulla follia dell’utopia platonica e sui valori ideali dell’amicizia e della giustizia.

I DUELLANTI

dal racconto di Joseph Conrad
scritto da Francesco Niccolini
con Carlo Di Maro e Antonio Turco
regia Mario Gelardi
aiuto regia Mario Ascione
costumi Rachele Nuzzo
produzione Solot Compagnia stabile di Benevento
in collaborazione con Centro Culturale mobilità delle arti

Cambiano le armi, la Storia va a rotoli, ma tutto converge in quel singolo spillo d’odio; anche quando il motivo del duello è nella nebbia, dimenticato, il duello è superiore a ogni altra cosa, è l’irragionevole ragione dominante, non c’è altro, nella vita, che il duello, tarlo mentale, danza mortale, rito infinito. Cedere alla tentazione del duello significa morire.

I duellanti racconta il conflitto lungo una vita tra i due militari Gabriel Féraud e Armand d’Hubert, che sfidatisi inizialmente per un futile motivo, continuano a farlo in ogni occasione che la vita li pone uno di fronte all’altro. L’opera si incentra interamente sul conflitto tra queste due opposte figure: D’Hubert è un uomo sostanzialmente razionale, pacato, serio e ligio al dovere; Feraud è descritto come una bestia sanguigna che ama la violenza in tutte le sue forme e che comprende esclusivamente la forza come ragion d’essere, come istituzione stessa della vita. Una figura rappresenta la violenza mentre l’altra il buon senso. La tenacia ossessiva con cui Feraud costringe D’Hubert a battersi sembra trascendere la ragionevolezza per meglio rimarcare, appunto, il fatto che gli eventi drammatici della vita siano dolorosi e privi di alcuna giustificazione. In questo adattamento i due attori che interpretano i duellanti danno voce a tutte le figure del racconto di Conrad, disegnando un mondo passato che è il riflesso dell’eterno conflitto tra gli uomini.

DE PROFUNDIS

L‘ALTRA METÀ DEL GIARDINO

testo e regia di Paolo Orlandelli
con Mauro Toscanelli
costumi di Carla Ceravolo
produzione Centro Culturale mobilità delle arti

Mi appare, il De Profundis, come una tragedia moderna narrata in prima persona, una storia-mito che ha a che fare con il destino e con la hybris non meno di quelle riportate dai greci, forse ancora più significativa per noi in quanto a noi temporalmente più vicina.

De Profundis è uno spettacolo itinerante, che si snoda in tre diverse sale del Teatro di Documenti, meraviglioso e avveneristico spazio teatrale ricavato dalle grotte di Testaccio.
Dopo un prologo in cui Wilde, divenuto statua alla maniera del Principe Felice, parla ai posteri, si dà spazio ai tre processi di cui Wilde fu protagonista: qui si tratta diffusamente della sua produzione letteraria, con un avvicendamento di temi e personaggi, interpretati dallo stesso attore, a significare anche la schizofrenia di un sistema giudiziario che, fino al 1967, puniva i rapporti omosessuali tra maschi consenzienti. A seguire, viene approfondita l’esperienza del carcere e l’inaspettata metamorfosi di Wilde, che decide di accettare la prigione come parte del suo sviluppo e che siede con umiltà alla scuola del dolore. Lo spettacolo si chiude con la favola La Sala del Giudizio, dove Wilde immagina che l’anima di un uomo si trovi al cospetto di Dio e, pur ammettendo tutti gli addebiti, non può accogliere il castigo di Dio poiché non è in grado di immaginarlo.

SIMPOSIO

IL CUNTO D’AMORE DEI CATTIVI PENSIERI

di e con Gaspare Balsamo
produzione Centro Culturale mobilità delle arti

Nella scrittura platonica del Simposio, l’autore greco fa uso di un gioco drammaturgico di maschere mirabile che esegue in maniera splendida. Sembra quasi che la famosa sentenza di Nietzsche “tutto ciò che è profondo ama la maschera” si adatti perfettamente al Simposio di Platone. Aristofane è la maschera della Musa dell’arte della commedia, Agatone quella dell’arte del poeta tragico, Socrate la maschera emblematica e satiresca del filosofo dialettico e infine Alcibiade rappresenta ed incarna la maschera dionisiaca.

Simposio – Il cunto d’amore dei cattivi pensieri si ispira e prende le mosse dal famoso dialogo di Platone, riconosciuto da tutti come un capolavoro assoluto non solo della letteratura classica greca ma della letteratura di tutti i tempi e di tutti i paesi. La drammaturgia originaria dello spettacolo, che evoca una narrazione che non si svolge ad Atene ma in Sicilia, gioca e ricalca l’uso delle maschere attraverso lo stratagemma e l’inserimento del narratore Asparino e del cuntista Don Masino, che assieme evocano le scene madri che nei secoli tanto hanno reso memorabili Socrate, Alcibiade, Aristofane, Agatone e compagni. La riscrittura del testo riproduce un divertente e complesso gioco di specchi e scatole incrociate che rimandano al testo originale che qui viene smontato e rimontato pezzo a pezzo dentro un cunto pieno di ritmi, affondi e iterazioni drammaturgiche.